www.avvenire.it 03/14/2013
Il capo chino, le mani giunte al petto. Prima di impartire la benedizione alla folla che, davanti a lui, continua ad agitare fazzoletti e bandiere, e ad applaudire, chiede a quel popolo di pregare il Signore di benedirlo. E l’oceano si fa silenzio. Irreale, quasi, in quello scenario irripetibile che è piazza San Pietro illuminata nel buio della sera romana. Habemus Papam. È Francesco, chiamato a succedere a Benedetto, 266° vescovo di Roma da Pietro. Che si inchina davanti al suo gregge, e chiede che preghi il Signore per lui. Il primo a scegliere quel nome, che è già un programma per il suo ministero. Il primo Pontefice che viene dalla Compagnia di Gesù. Il primo a compiere un gesto come quello, e ad aprire il suo pontificato sottolineando il suo essere vescovo di Roma. Che conquista subito.
È passata oltre un’ora e dieci minuti dalla fumata bianca delle 19.06 quando il cardinale Jean-Louis Tauran, protodiacono, dà l’annuncio, che, per un’interminabile frazione di secondo, ammutolisce la folla nel sentire quel nome, Georgium Marium Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio, non molto conosciuto. Ma quando, ancora pochi minuti dopo, si affaccia alla loggia di San Pietro, quasi impacciato, il sorriso timido, l’applauso è qualcosa di immenso. Ed andrà crescendo, ancora e ancora, nel breve discorso, il primo, che rivolge alla folla: «Fratelli e sorelle, buona sera! Voi sapete – dice, con l’inconfondibile, dolce, cadenza latinoamericana – che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma, sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui. «Vi ringrazio per l’accoglienza, la comunità diocesana di Roma al suo vescovo, grazie».
L’applauso e le grida si levano, se possibile, ancora più forti di prima. Ma «prima di tutto – prosegue Francesco, che per prima cosa, tra pochi minuti, telefonerà a Castel Gandolfo, al suo predecessore – vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca». Intona il Padre nostro, l’Ave Maria, il Gloria, seguito da tutta la gente, prima di continuare: «E adesso incominciamo questo cammino, vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese, un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia fra noi. Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro, preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio cardinale vicario qui presente sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa tanto bella città».
Piazza San Pietro è piena di romani, e sono loro soprattutto che hanno le lacrime agli occhi: «E adesso vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi pregate il Signore perché mi benedica. La preghiera del popolo chiedendo la benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me». Ecco, adesso è il silenzio. Francesco è inchinato, per un minuto che sembra non finire. Si rialza, e dopo l’annuncio di Tauran sull’indulgenza plenaria concessa per l’occasione, imparte la sua benedizione «a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà». E infine il congedo: «Fratelli e sorelle, vi lascio, grazie tante dell’accoglienza, pregate per me e a presto, ci vediamo presto». E il primo "presto" sarà di sicuro l’Angelus, di domenica prossima, come confermato da padre Federico Lombardi. Sempre a meno di possibili, imprevedibili sorprese. Per intanto «domani – aggiunge – voglio andare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma». Buenas..., gli scappa. Si corregge subito: «Buona notte, e buon riposo». Roma, sciolta dalla commozione, questo è sicuro, già lo ama.
Salvatore Mazza