Oggi Italia 09/08/2013
Disoccupazione, stato sociale e aiuto ai nuclei familiari al centro della riflessione del convegno Mcl di Senigallia
Da Senigallia (AN) - VINCENZO VARAGONA
"Gli interventi a favore delle famiglie fino a oggi sono stati considerati un peso. Noi invece partiamo dal presupposto che siano un investimento e in tempi anche brevi, ripagano". Natale Forlani torna a Senigallia non più da sindacalista, ma da direttore generale del Ministero del lavoro. Una dichiarazione che è un programma, ma - spiega - Forlani "non è semplice tradurre in in provvedimenti questa convinzione, ma ci stiamo provando. Seguiamo con attenzione l'evoluzione dei welfare europei, che cerca di rispondere a due esigenze: da una parte la dinamica della partecipazione delle donne al mondo economico e sociale, dall'altra l'invecchiamento progressivo della popolazione, che tende a gonfiare i costi del welfare. Le politiche comunitarie devono affrontare il problema occupazione e risolverlo: una risposta complessiva può venire dall'occupazione femminile: lo testimonia - sostiene Forlani - un'analisi delle tendenze nel continente, dove si nota che nella fase postindustriale la fecondità delle donne è più alta dove più alto è il tasso di occupazione femminile. L'altro dato è che aumentano in Italia i pensionati poveri. Quindi, la conclusione è un paradosso: un Paese come l'Italia che dice di credere tanto nella famiglia, poi taglia proprio la famiglia dall'agenda pubblica".
Secondo Giancarlo Rovati, direttore del dipartimento di Sociologia, dell'università Cattolica di Milano, la mancanza di lavoro è un vulnus nell'esperienza educativa delle persone. Lavorare non è solo "fare qualcosa", ma è parte della costruzione della personalità, e per un quarto degli italiani il lavoro ha una centralità alta, ancor più per quelli fra i 35 e i 60 anni. Guadagno e sicurezza sono invece i fattori più importanti per i giovani fra i 18 e i 24 anni (viviamo in una società consumista che esalta il guadagno). "L'istruzione è ancora un ascensore sociale - continua Rovati - ma quello che è venuto meno è il nesso tra titolo di istruzione e sbocchi lavoratori". Venendo alla famiglia, "è una comunità naturale, l'unica istituzione "comunista" dove vale il principio "a ciascuno secondo il suo bisogno" e non "secondo il suo lavoro". Ma il comunismo, sappiamo, non approvava la famiglia". Rovati aggiunge che la famiglia è ancora importante per il 91% degli italiani, ma non vale lo stesso per il matrimonio. La separazione è una delle cause di impoverimento soprattutto per gli uomini. Il matrimonio, però, per il 76% degli italiani non è un'istituzione superata (la tendenza è in crescita rispetto agli anni '90).
In questo quadro, la spinta propulsiva a cristallizzare la situazione deve venire dalle riforme e su questo si concentra l'intervento conclusivo del presidente, Carlo Costalli: "Il governo Letta - afferma - deve assolutamente andare avanti per portare definitivamente fuori dai problemi economici il Paese. Sarebbe un grave errore prendersi la responsabilità di farlo cadere: un errore che l'elettorato certamente punirebbe". "Ha ragione il presidente della Repubblica - prosegue - quando dice che "la crisi comporterebbe un grave rischio per il Paese". La crescita e l'occupazione sono le priorità assolute e, per questo, nella legge di stabilità dobbiamo fare un passo concreto verso l'abbattimento del cuneo fiscale, perché il rischio è che ci sia una graduale ripresa senza un reale aumento dell'occupazione". Chiudendo sulla battaglia socale e culturale per la famiglia, Costalli ha affermato che "un'identità solida non ha paura dell'incontro: si è convincenti se si ha una visione credibile e se si realizzano le cose. Non si è convincenti (e vincenti) se il consenso si usa solo per evitare che arrivi il nemico".