I permessi per l'assistenza disabili e malati gravi L. 104 non si possono ridurre nel contratto part-time. Così la Cassazione 4069 del 20.2. 2018
Il diritto a fruire dei permessi di tre giorni al mese previsti dalla legge n. 104/1992, poiché posto a presidio della tutela della salute psico-fisica del disabile, non è comprimibile in ragione dell'orario di lavoro part-time di colui che assiste il familiare con handicap grave. Questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4069 dello scorso 20 febbraio .
IL CASO
La Corte d'appello ha confermato la sentenza del Tribunale che ha riconosciuto, nei confronti dell'Inps e dell’azienda, il diritto della lavoratrice, dipendente con orario part-time verticale dalle 8,30 alle 14,30 dal lunedì al giovedì, ad usufruire di tre giorni al mese ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 ed a percepire la relativa indennità a carico dell'Inps.
La lavoratrice aveva lamentato davanti al Tribunale che il datore di lavoro aveva riproporzionato, in considerazione del part-time verticale da essa osservato, da tre a due il numero di giorni di permesso mensili spettanti, sebbene già con precedente sentenza, passata in giudicato, il Tribunale avesse riconosciuto il suo diritto a fruire di tre giorni,con condanna di Poste al risarcimento del danno in relazione al periodo 2001-2009.
Secondo la Corte d’Appello correttamente il Tribunale, in mancanza di una norma espressa, aveva fatto ricorso al principio di non discriminazione di cui all'art. 4 d.lgs. n. 61/2000 che, alla lettera b), faceva riferimento al riproporzionamento solo con riferimento al trattamento economico del lavoratore a tempo parziale in relazione alla retribuzione feriale, ai trattamenti economici per malattia, infortuni sul lavoro, malattia professionale e maternità (...)
Avverso la sentenza propongono ricorso:
a) l'INPS, con un motivo: denuncia violazione del combinato disposto degli artt. 33, 3 comma, L. n. 104/1992 e 4, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 61/2000, ossia censura l'affermazione della Corte secondo cui in assenza di una espressa normativa del part-time, volta a prevedere il riproporzionamento nella fattispecie in esame, non era consentito concedere i permessi in misura inferiore a tre;
b) la società denuncia violazione degli artt. 33, commi 3 e 7 bis L. n. 104/1992, ossia censura che erroneamente la Corte, in mancanza di una norma espressa, aveva ritenuto di dover far ricorso al principio di non discriminazione; che nel nostro ordinamento non sussisteva un principio generale che, in caso di part-time verticale, non consentisse in assoluto di ridimensionare la misura di ogni singolo istituto, tenuto conto chela norma autorizzava i CCNL a modulare la durata del periodo di prova o di conservazione del posto per malattia.
I giudici della Cassazione riuniscono i ricorsi e li rigettano entrambi, applicando i seguenti principi:
a) l'art. 33 L. n. 104/1992 riconosce al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa;
b) l'art. 4 del d.lgs. n. 61/2000 (Testo unico sul part-time), dopo aver sancito al primo comma il principio di non discriminazione in base al quale il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a pieno, elenca alla lettera a) "i diritti" del lavoratore a tempo parziale e non fa riferimento ai permessi ai sensi della l. 104/1992.
Fonte: https://www.fiscoetasse.com