Nell'Italia della denatalità l'allarme si sposta al Sud

06-12-2012

www.avvenire.it     12/04/2012

 

Sempre più bambini in condizioni di povertà, fuori dalla scuola troppo presto e impreparati ad affrontare le sfide del futuro. Con una eredità pesantissima, se è vero che ogni neonato deve saldare una (ideale) «ipoteca» di 3,5 milioni di euro di debito pubblico. Il bilancio del nuovo «Atlante dell’Infanzia (a rischio)» di «Save the Children» è un colpo al cuore di chi, nonostante la crisi, non vuole perdere l’ottimismo. I dati parlano chiaro: la generazione protagonista dell’Italia che verrà si trova oggi in condizioni di fragilità acuta.

Economica, ma non solo. Ed è soprattutto una generazione "in minoranza", perché in Italia nascono sempre meno bambini. Al Sud, dove la metà dei bimbi tra i 6 e i 10 anni ha già un cellulare (il record – 58,7% – è della Basilicata), chi negli ultimi dodici mesi ha letto almeno un libro appartiene a una ristretta minoranza. Un dato in linea con quello, anch’esso disastroso, della dispersione scolastica: il 18% interrompe gli studi una volta arrivato alla terza media, con punte del 25% in Sicilia e Sardegna. L’obiettivo fissato dall’Unione europea (non più del 10%) sembra lontano anni luce. A frenare la ripresa è anche la bassa natalità, segno distintivo di un Paese che non scommette e non investe nel suo futuro. Nel 2030 l’Italia avrà 60mila bambini in meno rispetto a oggi e i minorenni caleranno dell’1,5%. Diminuiscono i giovani, quindi, e aumentano i problemi da affrontare.

Il combinato di due crisi – economica e demografica – rischia di rappresentare un ostacolo troppo alto: «Fra meno di vent’anni – spiega nell’introduzione al rapporto Valerio Neri, direttore generale Save the Children Italia – 100 persone in età da lavoro dovranno farsi carico di altre 63 inattive, per oltre due terzi anziane, e nei decenni successivi i bambini e i ragazzi che crescono oggi dovranno sostenere una situazione di sempre maggior squilibrio generazionale». Una bomba demografica terribile, tanto che il rapporto sentenzia: «Fra 18 anni i bambini saranno più preziosi del petrolio in via di esaurimento». 

A preoccupare, oltretutto, è la condizione del Meridione, dove il calo dell’indice di natalità è più marcato, tanto che tra un ventennio l’incidenza di bambini sul totale della popolazione sarà maggiore al Nord che al Sud. Tra le regioni la Sardegna avrà l’indice di natalità più basso: 6,2 nati ogni 1.000 abitanti. Il rischio di un tracollo è evidente, anche perché le condizioni di partenza non sono affatto buone. L’Italia ha il primato europeo del tasso di «scoraggiati»: il 33,9% dei giovani tra i 15 e i 24 anni, pur dichiarandosi disponibili a lavorare, rinunciano a cercare una occupazione: sono in tutto 562mila. Molti di loro fanno parte dell’oltre un milione di ragazzi che non studia e non lavora, con il solito squilibrio tra Nord e Sud: le percentuali rilevate nel Mezzogiorno sono inferiori, nei Paesi europei, solo a quelle di alcune regioni remote dell’Anatolia. Il confronto con Francia, Germania e Gran Bretagna fa soltanto impallidire. Quelli dei bambini sono troppo spesso diritti «calpestati, troppo facilmente negati», è l’allarme lanciato dal ministro dell’Economia Vittorio Grilli, in occasione della presentazione del report di Save the Children.

Il Garante dell’infanzia e dell’adolescenza Vincenzo Spadafora chiede invece al governo di fare di più, mettendo a disposizione «maggiori fondi» per le giovani generazioni. Anche sulla spesa sociale, l’Italia affonda. Ancora una volta la maglia nera va al Sud: in Molise si investono solo 34 euro pro-capite all’anno per i servizi sull’infanzia, in Calabria 25. La crisi mette in ginocchio le famiglie, e, stando ai dati, la politica dà loro soltanto gli spicci.

 

Lorenzo Galliani